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La storia, che scandalo

Si voleva uscire dal Novecento, intesa questa epoca anzitutto come orizzonte mentale, come spazio mitopoietico esausto. Fondammo una rivista proprio sulla spinta di quel sentimento. Esuli senza nuove terre a cui approdare, abbiamo assistito in questi decenni a innumerevoli déjà vu, a ritorni di figure novecentesche di dittatori in tutte le latitudini, persino a ritorno di conflitti medievali tra culture (Occidente e Islam). La fine della modernità ci consegna a un infinito incubo postmoderno?

In queste ultime settimane ci siamo risvegliati bruscamente ai tempi della Guerra Fredda. Ma siamo costretti ad assistere agli eventi con una nuova sensazione di impotenza, che non è più soltanto la condizione di cittadini che avvertono di avere poca voce in capitolo anche nelle complesse democrazie liberali, e che compensano la frustrazione riversando le loro invettive sui social. L’impotenza oggi è raddoppiata per la stessa dissociazione di cui siamo vittima: vorremmo essere altrove, vorremmo esserci lasciati alle spalle un passato a cui non crediamo più, di cui sentiamo l’esaurimento di senso – e invece ce lo ritroviamo ineluttabilmente di fronte.

A scuola, la storia è uno scandalo perché abbiamo la riprova della nostra incapacità di leggere, e quindi di raccontare, il presente. La storia contemporanea è rimossa. Persino all’ultimo anno di liceo si fatica a balbettare qualcosa oltre al Secondo Dopoguerra. Nella migliore delle ipotesi, si preparare un polpettone in cui Guerra Fredda, Globalizzazione, Anni di Piombo, Fine del Bipolarismo, problemi ambientali, sguardi oltre all’Europa e chissà quant’altro finiscono per essere triturati in un bolo che risulterebbe indigesto persino a un bisonte. Ed è un problema che riguarda anche la cultura e la filosofia: non c’è racconto sull’arte o sulla poesia che dispieghi una visione condivisa degli ultimi decenni.

Il Novecento comincia con la Grande Guerra. Quello è il portale che ci proiettò da una visione all’altra. Vi entrammo con lo spirito colonialista e risorgimentale, vi uscimmo disorientati in una nuova era di massa, con potenzialità tecnologiche impensate, con assetti mondiali stravolti, con le suggestioni di grandi ideologie che volevano guidare un passaggio antropologico inaudito. Il programma scolastico dell’ultimo anno, alle scuole secondarie di Primo e tanto più in quelle di Secondo grado, deve cominciare da lì. E nel giorno della memoria ci sarà il virtuoso aggancio tra celebrazioni e contenuti scolastici, per avere tempo, almeno nel secondo quadrimestre, per una narrazione non convulsa degli ultimi settanta, ottanta anni di storia. Senza dimenticare che l’attualità è incalzante e ci si può, anzi si deve, imparare a muoversi sulla linea del tempo seguendo urgenze, interessi, spinte della cronaca.

Pur trovandomi a insegnare in una seconda media, ho cominciato l’anno parlando dell’Afghanistan, con necessari richiami ai fatti del 2001. Ci siamo quindi soffermati sulla Costituzione, in occasione delle elezioni presidenziali. Ora ho terminato da poco un percorso geostorico sulla storia della Russia, anticipando i grandi snodi che affronteremo meglio l’anno prossimo. Ma il programma della seconda media comincia con la fine del Medio Evo e deve portarci alle soglie del primo conflitto mondiale, e va gestito in due ore settimanali. Anche la Regina Elisabetta o Napoleone o Garibaldi devono sottostare alla logica della “scala storica”, di una narrazione che solo raramente può permettersi il lusso di approfondire fino al dettaglio e alla caratterizzazione umana, e il più delle volte, invece, dovrà dispiegarsi in ampie sintesi, in mappe complessive, con buona pace dei cambiamenti di direzione improvvisi del corso della storia. La pandemia prima e la guerra in Ucraina adesso in questo senso hanno già insegnato – hanno già lasciato il segno – sui nostri giovani, che questa sensazione di impotenza di fronte alla storia che ripropone il passato anziché aprire nuovi scenari la apprendono da noi, indirettamente.

E chissà quale sarà lo scenario tra qualche mese. Chissà se avremo il privilegio, prima o poi, di intravedere una nuova pagina per l’umanità, che non sia un miraggio, presto calpestato da un nuovo pervicace fantasma del passato.

I pericoli dell'impegno

I pericoli dell’impegno

In più di vent’anni ormai di insegnamento rarissime volte ho pronunciato, ai genitori di qualche mio alunno o alunna, la fatidica frase: “Deve impegnarsi di più!“. Quando è successo, per quel che ricordo, è stato come gettare la spugna, più nei confronti dei miei interlocutori adulti che degli alunni.

L’impegno, come si accennava l’ultima volta, è un concetto insidioso. Anzi, una vera e propria trappola. Continua a leggere

La frustrazione

Il circuito della frustrazione

“Mio figlio ci è rimasto veramente male per il voto: si era impegnato così tanto!”

Chissà quante volte ai professori sarà capitato di sentire una frase del genere. Naturalmente, si potrà volgere al femminile o tradurre in molteplici formule analoghe dal medesimo significato. E, in base agli infiniti contesti possibili, assumerà sfumature di volta in volta differenti. Tuttavia, semplificando brutalmente, la ricondurrei a due estremi di senso. Continua a leggere

Giovanni Pascoli: è lui o non è lui?

I buchi nella poesia

Talvolta bastano accorgimenti minimi per creare un diversivo e rendere divertente ed efficace un’attività scolastica banale. Per esempio spesso durante la lettura di un brano mi interrompo improvvisamente, per vedere se gli studenti indovinano la parola che segue. In questo modo si rintuzza l’attenzione e si stimolano le competenze testuali, in un clima persino ludico.

Quest’anno mi è capito di presentare alla lavagna alcune poesie, che andavano semplicemente ricopiate sul quaderno. Ecco la prima, presentata in modo un po’ particolare: Continua a leggere

Didattica a distanza

Oddio si torna alla DAD. Però…

Intorno alla DAD, sia per quanto riguarda gli aspetti negativi sia per quanto riguarda i risvolti positivi e le ricadute sulla didattica in presenza si è in breve tempo già accumulata una vasta letteratura. In tutti gli articoli in cui mi sono personalmente imbattuto, molti dei quali estremamente intelligenti e interessanti, equilibrati e profondi, mi sembra tuttavia che non si sia sviscerato un aspetto sottilmente inquietante. Anche la più recente retorica che dà voce alla “generazione interrotta” degli adolescenti imprigionati dal lockdown ha, spesso in buona fede o involontariamente, soffocato un “però” che invece mi risuona nella testa. Prima era un tarlo, ora rimbomba come un j’accuse frastornante. Continua a leggere

Presentazioni originali ed efficaci

La fatica di essere originali

Gli adolescenti sono soggetti a due spinte evolutive contrastanti: il desiderio di conformarsi al gruppo e l’ansia di essere originali. Così spesso diventano facili bersagli del consumismo, che vende loro prodotti original… in serie, o propone loro modelli di ribellione… preconfezionati. Continua a leggere

La celeberrima rovesciata di Ronaldo

La classe rovesciata

Tra le varie metodologie di insegnamento, gode di una certa fortuna la flipped classroom, la classe rovesciata. In che cosa consiste questo capovolgimento dell’insegnamento? Semplificando, diremmo: nella metodologia tradizionale, in classe l’insegnante spiega (lezione più o meno frontale), l’alunno deve stare attento e chiedere, sforzarsi di capire (pensiero astratto) e a casa deve riprendere i concetti (ripassare la teoria prima di svolgere la pratica: ma nessun ragazzo lo fa), quindi svolgere i compiti. Per arrivare ad accorgersi, magari tardi, dopo una certa buona dose di fatica e di noia, che “gli esercizi non vengono” e non si sa perché. Pazienza, in classe forse si correggerà. Continua a leggere

Una scuola inclusiva

Una scuola inclusiva, dicevamo

La scuola media ha da essere inclusiva per indole naturale, dicevamo. Eppure si sente spesso parlare di “sezioni ghetto” o di compresenze che si trasformano in occasioni per separare i ragazzi sulla base del livello raggiunto. Pratica, sia chiario, che a tratti è sacrosanta, nei momenti di “recupero / potenziamento”, se i due gruppi non hanno una fisionomia scolpita nella pietra. Continua a leggere

Preadolescenza

Diventare grandi: preadolescenza, età negata?

Ho insegnato per diversi anni al liceo Classico e al liceo delle Scienze Umane a indirizzo Economico-Sociale, ma la mia esperienza è soprattutto legata alla Scuola Media – sigla che, un po’ come capita per il Medio Evo, rischia di risultare particolarmente negletta. Ricordo anche quando, con il ministro Berlinguer, si pensava a una riforma radicale dell’istruzione, ridisegnandola in un ciclo primario e un ciclo secondario, allineandoci ad altri modelli europei. Ma l’italianismo del cambiare tutto per non cambiare nulla ha alla fine partorito solo un cambio di nome. Non scuola media, dunque, ma Scuola Secondaria… di Primo Grado. Continua a leggere

Shangai Tower, China

Frantumiamo la frase (ma non è poesia, è grammatica)

Se prendessimo un testo qualunque, anche piuttosto banale e assolutamente impoetico, ma lo spezzassimo con gli “a capo” tipici della poesia, avremmo probabilmente la sensazione di un fenomeno strano. La prosa ci sembrerebbe sul punto di svegliarsi. Proviamo? Continua a leggere