Oltre le serate sui materassi. Il rapporto fra genitori e prof

Ricompare di tanto in tanto, sul web o sulla stampa, una vignetta che spiega in modo immediato ed efficace quanto siano cambiati i rapporti tra genitori e insegnanti nell’arco di pochi decenni (cliccate sull’immagine per vederla interamente). Se ne trovano diverse varianti.

Mestiere socialmente molto considerato un tempo, oggi bersaglio di potenziali critiche da ogni dove (studenti, genitori, politici), quella dell’insegnante è una professione tanto delicata e strategica quanto bistrattata. I docenti sono sottopagati, si afferma da un canto, ma poi dall’altro si ricorda quante poche ore al giorno lavorino, per non parlare di tutti quegli imbarazzanti mesi di ferie. La qualità della scuola è la garanzia del nostro futuro, proclamano i politici, e per questo decidono che la scuola sarà il primo settore in cui operare i loro lungimiranti tagli alla spesa. E via di questo passo.

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Ballata del mese di maggio

(L’immagine in evidenza di questo articolo viene da qui)

Riprendiamo l’esperienza raccontata ieri. Dopo la prima lettura ci siamo limitati a riconoscere la struttura della ballata, qui con un ritornello che effettivamente si ripete dopo la prima stanza, per essere sostituito invece alla fine. Poi, per mettere a fuoco meglio le diverse impressioni, abbiamo riletto, senza fretta:

Pristina rosa, rosa dolorosa,
stelo ubriaco e vulva spappolata,
dei figli che tu spandi
ne farò marmellata. Continua a leggere

L’imbarazzo del prof

(L’immagine in evidenza di questo articolo è un disegno di Marta Ferro)

A scuola per anni non ho mai parlato apertamente della mia attività letteraria, né in classe né con i colleghi. Non che fosse un argomento tabù, ma di fatto non ho mai raccontato nulla. Qualcuno, ovviamente, finiva per intercettare qualche notizia, ma un’allusione di tanto in tanto scappava come una scintilla perdendosi nell’aria e tutto finiva lì. Qualcuno un giorno addirittura appese in bacheca in corridoio alcuni miei testi apparsi in rivista, con tanto di fotografia. Ci fu chi mi fece notare, perfettamente in buona fede, quanto mi assomigliasse, il poeta. Del resto il nome, a chiare lettere, non era il mio.
Con il tempo, però, almeno tra i colleghi di più lungo corso, la consapevolezza della mia attività e del mio nom de plume si è consolidata. Tuttavia, soltanto pochi, due o tre, in rare occasioni mi hanno chiesto qualcosa di più specifico. Con una persona soltanto sono entrato nel merito più spesso, a partire da riflessioni e da scambi di opinioni intorno alla letteratura contemporanea da affrontare agli ultimi anni del liceo. Forse qualcuno ha pensato che il mio riserbo fosse una buona ragione per frenare la curiosità. Trovo comunque abbastanza normale che i miei colleghi ignorino i miei libri o li abbiano, al più, sentiti nominare.
Comunque, negli ultimi anni mi è capitato in qualche classe di uscire allo scoperto. All’improvviso. Forse l’ho fatto per trovare un ultimo espediente buono per sorprenderli, per spezzare qualche momento eccessivamente inerte. Così è stato recentemente nell’attuale Quinta Ginnasio.

“Oggi, visto che dovremmo trattare la ballata, analizzeremo una mia poesia”. Continua a leggere

Atei e credenti (a scuola)

Mi rimarrà a lungo impresso nella memoria il fugace incontro avuto in un recente Open Day , al termine di una presentazione sulla “Didattica al Don Bosco” per un gruppo di persone in visita al nostro istituto. Una famiglia, prima di uscire, mi si è avvicinata, dichiarandosi atea, ma anche molto interessata all’impostazione metodologica della nostra scuola. “È possibile essere esentati dall’ora di religione anche da voi?”, mi è stato chiesto.

In pochi minuti, rubati al termine di una presentazione già tiratissima nei tempi e per nulla esaustiva, prima di una nuova presentazione per un altro gruppo di persone, elaborare una risposta completa ed esauriente non era possibile, per cui mi sono limitato a chiarire pochi elementi essenziali, cercando di rendere l’idea del nostro atteggiamento nei confronti del problema. Ma sento la necessità di scrivere in merito alla vicenda, perché la considero molto significativa in sé e ricca di implicazioni. Non che un tema del genere possa essere trattato a dovere in un articolo come questo: tuttavia, qualche chiarimento ulteriore è necessario offrirlo. Continua a leggere

Competenze per la vita

Qualsiasi ragionamento didattico in merito alle competenze, disciplinari o interdisciplinari che siano, non può prescindere dalla considerazione delle competenze più generali che la vita ci richiede. Invito gli interessati ad approfondire il discorso cliccando, nel footer, nella sezione dei link scolastici, il sito delle “Life skills Italia”.

Per ognuna di tali competenze, dunque, è necessario pianificare, durante l’anno scolastico, qualche attività specifica. Ecco l’elenco:

  • Consapevolezza di sé
  • Gestione delle emozioni
  • Gestione dello stress
  • Empatia
  • Creatività
  • Senso critico
  • Prendere buone decisioni
  • Risolvere problemi
  • Comunicazione efficace
  • Relazioni efficaci

Tali competenze possono essere raggruppate secondo tre aree: l’area emotiva (consapevolezza di sé, gestione delle emozioni, gestione dello stress), l’area relazionale (empatia, comunicazione efficace, relazioni efficaci), l’area cognitiva (risolvere i problemi, prendere decisioni, senso critico, creatività).

Quante volte gli insegnanti dànno per scontate le prime due aree? Eppure, l’essere umano è un sistema, per cui basta che ci siano disagi o difficoltà di base in una di queste aree per influire negativamente sui risultati ottenuti nelle altre. Tanto di più se ci si sta riferendo non a esseri umani che hanno più o meno completato il loro processo di maturazione, ma giovani che vivono un’età di faticosa, caotica metamorfosi.

Migliorare la scuola

Non potremo trovare rimedi se prima non avremo trovato il male, o meglio ancora, le cause del male. Che cosa ha finora ritardato l’attività didattica e i suoi progressi, tanto che la maggior parte di coloro che hanno trascorso anche tutta la vita sui banchi di scuola non hanno appreso fino in fondo le scienze e le arti, anzi certune neppure le hanno salutate dalla soglia? Ecco le cause più verosimili:
Primo: non erano mai stabilite le mete che gli scolari dovessero raggiungere ogni anno, mese, giorno; tutto era quindi lasciato nel vago; Secondo: non erano tracciati percorsi di insegnamento che conducessero senza errori alla meta; Terzo: gli insegnamenti, che sono collegati per materia, si impartivano tenendoli separati senza connessione alcuna.
(Comenio, Didactica Magna, Amsterdam 1657)