Kosovo 1999, Fatmir Trashani

Ballata del mese di maggio

(L’immagine in evidenza di questo articolo viene da qui)

Riprendiamo l’esperienza raccontata ieri. Dopo la prima lettura ci siamo limitati a riconoscere la struttura della ballata, qui con un ritornello che effettivamente si ripete dopo la prima stanza, per essere sostituito invece alla fine. Poi, per mettere a fuoco meglio le diverse impressioni, abbiamo riletto, senza fretta:

Pristina rosa, rosa dolorosa,
stelo ubriaco e vulva spappolata,
dei figli che tu spandi
ne farò marmellata. Continua a leggere

Pudore, di Marta Ferro

L’imbarazzo del prof

(L’immagine in evidenza di questo articolo è un disegno di Marta Ferro)

A scuola per anni non ho mai parlato apertamente della mia attività letteraria, né in classe né con i colleghi. Non che fosse un argomento tabù, ma di fatto non ho mai raccontato nulla. Qualcuno, ovviamente, finiva per intercettare qualche notizia, ma un’allusione di tanto in tanto scappava come una scintilla perdendosi nell’aria e tutto finiva lì. Qualcuno un giorno addirittura appese in bacheca in corridoio alcuni miei testi apparsi in rivista, con tanto di fotografia. Ci fu chi mi fece notare, perfettamente in buona fede, quanto mi assomigliasse, il poeta. Del resto il nome, a chiare lettere, non era il mio.
Con il tempo, però, almeno tra i colleghi di più lungo corso, la consapevolezza della mia attività e del mio nom de plume si è consolidata. Tuttavia, soltanto pochi, due o tre, in rare occasioni mi hanno chiesto qualcosa di più specifico. Con una persona soltanto sono entrato nel merito più spesso, a partire da riflessioni e da scambi di opinioni intorno alla letteratura contemporanea da affrontare agli ultimi anni del liceo. Forse qualcuno ha pensato che il mio riserbo fosse una buona ragione per frenare la curiosità. Trovo comunque abbastanza normale che i miei colleghi ignorino i miei libri o li abbiano, al più, sentiti nominare.
Comunque, negli ultimi anni mi è capitato in qualche classe di uscire allo scoperto. All’improvviso. Forse l’ho fatto per trovare un ultimo espediente buono per sorprenderli, per spezzare qualche momento eccessivamente inerte. Così è stato recentemente nell’attuale Quinta Ginnasio.

“Oggi, visto che dovremmo trattare la ballata, analizzeremo una mia poesia”. Continua a leggere

La poesia contemporanea, la scuola, il canone

I manuali scolastici, dopo Montale, si spalancano su un desolante vuoto, o se preferite su una selva inestricabile. I nomi più consolidati che si propongono a suggerire la vitalità del presente (Luzi, Zanzotto, Sanguineti, pochi altri) si rivelano citazioni sommarie di esperienze in un contesto tra Post-ermetismo e Neoavanguardia, quindi schiacciato nelle migliori delle ipotesi su categorie degli anni Cinquanta-Sessanta. Poi, fine della capacità di delineare un quadro, per cui si citano autori sganciati come satelliti solitari, riportando uno-due testi. Ma fra le decine e decine di nomi plausibili, ciascuna antologia sceglie i propri senza saperne giustificare il tentativo di canonizzazione. Continua a leggere

La mappa del tesoro

“Sono favole, – disse – non si passa
senza un programma”
Vittorio Sereni

E’ inutile, ormai lo so, ogni anno finirò per inventarmi un programma nuovo. Mi riprometto di vivere un po’ di rendita, così da dedicarmi maggiormente alla scrittura, ma non ci sarà nulla da fare. Ogni classe ha le sue esigenze e io mi annoio, a ripetere le stesse cose. E ogni volta che si torna su un concetto, si vedono un’infinità di migliorie possibili. Continua a leggere