La poesia contemporanea, la scuola, il canone
I manuali scolastici, dopo Montale, si spalancano su un desolante vuoto, o se preferite su una selva inestricabile. I nomi più consolidati che si propongono a suggerire la vitalità del presente (Luzi, Zanzotto, Sanguineti, pochi altri) si rivelano citazioni sommarie di esperienze in un contesto tra Post-ermetismo e Neoavanguardia, quindi schiacciato nelle migliori delle ipotesi su categorie degli anni Cinquanta-Sessanta. Poi, fine della capacità di delineare un quadro, per cui si citano autori sganciati come satelliti solitari, riportando uno-due testi. Ma fra le decine e decine di nomi plausibili, ciascuna antologia sceglie i propri senza saperne giustificare il tentativo di canonizzazione.
Quindi, nemmeno sui poeti nati nel primo decennio del Secondo Novecento (che hanno dunque intorno ai 60 anni oggi) c’è chiarezza.
È su questo fronte problematico che mi capiterà, a partire da domani, ma con scadenza non definita, di riproporre qualche saggio su poeti contemporanei nodali.
Prima, però, vorrei chiarire la relazione che ci obbliga a confrontare il mondo della scuola (intimamente conservativo) e il mondo della viva elaborazione poetica e letteraria degli autori contemporanei (aperto alle più disparate tensioni sperimentali).
Il cammino di un autore è spesso avventurato, spericolato, necessitato da ragioni così intime e dirompenti che non si piegano, almeno a prima vista, allo spirito ragionieristico dei repertori. Ma ci sono, è inutile negarlo, scrittori che hanno introiettato lo spettro del Mercato ed elaborano una poetica, che a qualcuno apparirà corrotta in origine, accondiscendente rispetto alle richieste del pubblico e dei critici, quindi anche del mondo della scuola.
Fatto sta che si possono fissare alcuni punti, per inquadrare la questione.
- La scuola, allo stato attuale, non può prescindere da un canone. È un’istituzione che spinge l’Accademia e la Critica militante a elaborare un quadro interpretativo della letteratura contemporanea.
- Ogni quadro interpretativo della contemporaneità è intrinsecamente falso, in quanto blocca in un’istantanea un processo incredibilmente dinamico, addirittura imprevedibile e potenzialmente privo di forma e di direzione
- La discrepanza fra il racconto della contemporaneità e le reali tensioni in seno alle esperienze estetiche contemporanee dovrebbero generare un desiderio di verifica e di ricerca che continuerebbe ad alimentare il dibattito e l’investigazione. Questa è stata peraltro la mia esperienza personale: fu persino un senso di indignazione nei confronti dell’esistente (letterario), mai intercettato nelle lezioni, nemmeno a livello universitario, che mi spinse a un’attività critica forsennata
- In caso di latitanza da parte dell’Accademia e della Critica militante, la scuola produrrà da sé il proprio canone. Potrebbe accadere per inerzia, in modi improvvisati e imprevedibili: qualche falso storico finirà per ritrovarsi accreditato. Credo che nessuno se lo auguri. Ma forse è immaginabile una schiera di professori di scuola secondaria dotati di spirito di iniziativa, di curiosità, di disponibilità al presente, che daranno corpo a una libera esplorazione della scrittura odierna. Non è detto che la ricerca sia prerogativa dell’Accademia e che la scuola secondaria debba limitarsi a ricevere e trasmettere i giudizi elaborati dall’Università. Nella mia esperienza di insegnante e di poeta ho già avuto la fortuna di incontrare docenti già impegnati in questa direzione, sebbene senza pretese, con un’umiltà pari alla loro competenza.
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