Marco Merlin - Andrea Temporelli: libri

Il dissidio della poesia (di Roberto Bertoldo)

La scrittura, allora, […] “mette ordine” in riflesso al disordine emotivo e diviene “specchio” del dissidio, dissidio essa stessa.

Il dissidio (lo scontro tra la poesia, vissuta quasi con un senso di colpa – l’“inutilità” delle “sillabe leggere”, “l’alibi dei versi”, ecc. –, e la vita, l’amore, la donna) e lo stile petrarchesco-tassiani, assistiti sia da una chiara e spesso sottesa tendenza al parallelismo (e affini, come il climax) – che, oltre ad essere indice della linea classicistica e tassiana (il Tasso pacato dei Madrigali, al quale è per esempio collegabile anche il tema, per quanto non connesso come in Tasso al panismo, del riflesso: “anche lo specchio / conosce il mio segreto”, “in me non hai specchi”, “lottando perché resti / specchio esatto di ciò che è dato in merito”), è pure indice di controllo dell’espressione, mai patetica, mai ribelle –, sia, tuttavia, da una struttura antilirica, discorsiva, alla Fiori (del quale percepiamo certi sintagmi e il linguaggio piano, colloquiale, pausato, anche popolaresco nelle sue sfumature analogiche, e nello stesso tempo pensoso, metafisico), ebbene questo dissidio e questo stile, infine allacciati fino allo scambio, sono l’imprimitura della silloge Stelle imperfette di Temporelli, il quale risolve il dissidio a vantaggio della scrittura per “dipanare / il groviglio di perse coincidenze”, nonostante che la “mietitura” sia “fuori” e “se resti dentro muori / poi che il verbo ha ritegno, non matura”.

Così la scelta diventa coraggiosa, ostinata nel “sillabare il mondo”, diventa fulcro del “docile dolore”, della “dolorosa felicità”, della “gioia rabbiosa”, della “piaga che ride”, del “peso spirituale”, dove sembra vivere chi è “ombra” e “segno” del vivere altrui, chi, in verità, vive “la parola”, perché altrimenti il silenzio “è come una ferita”, anche se resta sospesa la “frase che non saprei pronunciare”. La scrittura, allora, che ancora petrarchescamente sembra a volte collimare con la donna, “mette ordine” in riflesso al disordine emotivo e diviene “specchio” del dissidio, dissidio essa stessa.

(Roberto Bertoldo, «Hebenon», IV, 3, Seconda Serie, aprile 1999, p. 35)

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