Filippo Tuena

Narrativa d’oggidì: Filippo Tuena

Stile e passione sono i capisaldi del lavoro di Filippo Tuena, che ricorre spesso ad ambientazioni storiche e resiste alle lusinghe del romanzesco…

Perché scrivi?

Piacere necessario.

Qual è il tuo scarto rispetto alla narrativa odierna?

I miei libri hanno, di solito, un’ambientazione storica. Non parlo esplicitamente del presente.

Indicami un ingrediente a te caro per l’elaborazione del capolavoro di domani.

Un buon libro è imprevedibile. Accade indipendentemente dagli ingredienti. Direi però due i fattori imprescindibili: stile e passione.

Strappa un angolo dalla tua veste perché ci si possa fare un’idea del tessuto: autocìtati.

La battuta finale di Cosimo de’ Medici ne La grande ombra (Fazi, ed. 2008): «Io non ho quello che voglio».

Come si forma un’opera nella tua officina?

Mi lascio appassionare da una storia; cerco lo stile giusto per raccontarla.

Qual è il tuo maggior cruccio, rispetto a quanto hai finora scritto?

Non essere capace di fare un libro totalmente, sinceramente autobiografico.

La critica più intelligente che hai ricevuto, diceva che…

«Rifugge dalle lusinghe del romanzesco». Antonio Debenedetti su Le variazioni Reinach.

(L’immagine di copertina è tratta da qui)

 

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