Mosca

Cominciamento (ancora)

È giusto, per un autore, commentare la propria opera?
Come distinguere autoesegesi e depistaggio?
Serve, un blog dedicato a un libro? Qual è il tono, la misura, lo stile che lo rende garbato?
Scriverò solo su e intorno a questo libro, o lo userò come un binocolo per parlare di altro?
Ma l’altro non è già dentro l’opera? O sotto, come terreno in cui essa si radica?
Da dove scrivo, qual è la mia orbita attuale? E dov’è, l’opera, adesso, che mi pare così lontana?

Ha qualche pur minima utilità pubblica ribattere alle osservazioni critiche che si ritengono falsificabili?
Difendere l’opera è difendere sé stessi? Nel caso, ciò sarebbe sempre e soltanto patetico nella sua ingenuità?
Dar risalto agli apprezzamenti, invece, è meno patetico?
È possibile sperimentarsi, usare la propria esperienza, in questa situazione? O tutto si riduce sempre e solo a pubblicità di sé, e il sé si trasforma merce esposta, svenduta?
Come darsi e sottrarsi nello stesso tempo?
Come ri-velarsi?

(Queste domande mi tormentavano nel 2006, in una pagina sul web dedicata al Cielo di Marte. Direi che mi tormentano ancora, come mosche di montagna, lente come dame di compagnia.
Le riscrivo, nella speranza che la carta – anche quella virtuale – sia moschicida)
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