Usi della Repubblica
Con La repubblica italiana dei poeti perimetro, ragionevolmente, l’intero panorama poetico italiano. Se un antologista, proponendo quindici, venti o sessanta campioni poetici dei nostri anni potrebbe essere accusato dell’assenza di altrettanti almeno, si capisce che indicare l’assenza di dieci o venti su seicento e più significa poco – a meno che non si tratti di autori che sopravanzano la massa critica, tanto da meritarsi il “podio allargato”: assenze clamorose, insomma. Io non ne vedo, ma attendo smentite.
Questo catalogo, ibrido nelle modalità di svolgimento, si presta a vari utilizzi. È un brogliaccio, una mappa non del tutto compromessa per dare credibilità a ragionamenti più decisivi.
Comunque, certo, il primo controllo sarà questo: chi manca?
Una sola avvertenza: per quanto difficili da definire i criteri selettivi (ma di essi si parla all’interno del testo), non chiunque scriva poesia o similpoesia o postpoesia viene di diritto preso in considerazione. Un minimo di credibilità, che si debba a un’opera sola o a una carriera più ampia, è necessaria. Infatti, pure i critici di mestiere sapranno trovare, in questo elenco, autori da scoprire o da approfondire.
Per chi vorrà, buon lavoro
Il secondo utilizzo che auspico per il “Catalogo dei poeti” è quello di una migliore messa a fuoco del paesaggio. Il mio lavoro è ibrido, si compone di schede critiche a volte rapide e di altre dettagliate, offre intermezzi con ragionamenti, rimandi interni tra autori, elenchi sommari, riflessioni critiche di altri, poesie, qualche ipotesi da riprendere e sviluppare, e via dicendo. Ora, a bocce ferme, volendo, qualcuno potrebbe tracciare sentieri, nominare meglio determinate regioni, insomma stabilire linee, tendenze, gruppi, orientamenti poetici.
Non è agevole, ma ogni categoria azzeccata è un passo per dare forma a ciò che ora appare abbastanza (ma non del tutto) informe.
Il paesaggio attuale muta rapidamente, per cui un po’ di disordine e di anarchia sarà salutare, ma costellazioni, parentele e rimandi di ogni genere permettono la sintesi e l’intuizione di varchi o addirittura zone del tutto trascurate.
Un terzo motivo di utilità è nell’ottica di una riflessione di poetica. Aperto lo sguardo sull’intero circostante, ciascuno potrà chiedersi: e io, dove mi colloco? Quali traiettorie mi sembrano più sensate? Quali sentieri hanno ancora senso? Quali territori restano poco esplorati? Dove la tradizione s’impaluda, smette di scorrere, non sembra portare a nulla?
Un autore, di fronte a simili questioni, non sarà del tutto libero, nel senso che potrebbe sentirsi spinto, per ragioni proprie, a perseguire una personale direzione poetica malgrado qualsiasi percezione strategica generale; e tuttavia potrà comprendere meglio con chi confrontarsi o intuire le ragioni di chi compie scelte diverse. Anche, nel caso, di cogliere i presupposti di talune valutazioni critiche. Ogni scelta formale, linguistica, immaginifica ecc. impone infatti una direzione, quindi una consapevolezza di come si “gioca” con la cornice della propria epoca: si assecondano alcune tendenze specifiche? Si contrastano apertamente certi orientamenti? Si fa leva su determinate tensioni, si gioca di sponda, si fa slalom intorno a determinati “nodi”?
Un quarto uso del Catalogo dei poeti è quello più semplice e leggero: goderselo come la narrazione di un bibliomane. La Repubblica italiana dei poeti è un libro di libri; di più: un libro di libri spesso sommersi, a volte introvabili, ma che possono suggerire un autore sconosciuto da cui lasciarsi ammaliare fino a decidere di stanarlo, di salvarlo dall’oblio, di difenderlo dall’indifferenza generale.
Se, da un punto di vista tecnico, la sua natura ibrida, con passaggi e schede critiche accurate insieme a divagazioni umorali, aneddoti, interferenze dovute alla sua elaborazione esposta sui social, citazioni di poesie e altro ancora risulterà un’opera sospetta, scivolosa, che svela abitudini malsane della nostra “Repubblica delle lettere” e dimostra in alcuni passaggi la nudità del re (una repubblica con un re? Forse addirittura più di un re? O una repubblica ideale, ancora da instaurare, dopo un necessario ribaltone di governo?) – se, dicevo, un’opera di tale natura metterà in difficoltà il filologo, potrà essere invece letta da chi ha intenti meno specifici come un libro in cui uno scrittore, prestatosi per passione a un’impresa critica titanica e donchisciottesca, si congeda da una tale impresa e recupera, forse, un po’ di senno.
L’uso per cui il “Catalogo” è esplicitamente predisposto resta comunque, anzitutto, la selezione consapevole, anziché la predilezione capricciosa o casuale, dei poeti più significativi di questi decenni. I millanta autori che si propongono formano il brusio dell’epoca o, se preferite, il coro suddiviso per l’estensione e il colore delle voci. Accostarle, nella ponderata sedimentazione di più lustri, permette di cogliere chi sopravanza, chi ha abbastanza fiato per durare almeno un poco oltre la stretta contemporaneità. Capire chi esclude chi. Oppure, realizzare quali poetiche ristagnano in un brusio indistinto, da cui si sceglieranno esempi in modo casuale o secondo criteri meno significativi (magari, l’appartenenza geografica o qualche altra categorizzazione che accontenti visioni ispirate al politically correct), insomma criteri estranei alla pura valutazione letteraria.
Benvenuti dunque nella complessità. Saprete affrontarla, o finirete anche voi nel giudizio tranciante, nella presa di posizione netta, nel settarismo ideologico-poetico, nello snobismo di casta, nei privilegi d’antico regime dell’editoria e in chissà che altro, pur di non dover affondare le scarpe nella Palus putredinis? Oh, non quella asciuttissima, asettica, pianeggiante di sanguinetiana memoria: quella spesso malsana, fetida, infestata da fuochi fatui, ma anche suggestiva, fermentante, variegata che potrebbe, se opportunamente bonificata, diventare terreno fertile…
POSSO, POTREI, DEVO
Se mi direte perché la palude
appare insuperabile,
allora vi dirò perché io credo
di poterla passare se ci provo
(Marianne Moore)
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