Per un apprendimento efficace
Ci sono, lo sappiamo, diversi stili di apprendimento e varie forme di intelligenza, ma in generale possiamo annotare, in ambito scolastico, alcuni tratti generali che rendono maggiormente proficuo l’apprendimento.
Un apprendimento dovrebbe essere il più possibile:
- attivo, affinché l’individuo, sulla spinta di una motivazione (possibilmente intrinseca) diriga le proprie energie in modo consapevole e, quindi, responsabile;
- costruttivo, perché le nuove conoscenze devono integrare e modificare le precedenti (dimensione sistemica del sapere);
- cooperativo, perché “nessun uomo è un’isola” e nella comunità ogni individuo arricchisce il gruppo attraverso l’apporto personale;
- intenzionale, perché l’individuo apprende all’interno di un progetto personale e il suo impegno è potente solo quando non prescinde dalla sua libertà (anche: la libertà di non voler apprendere);
- conversazionale, perché attraverso il confronto continuo con gli altri non solo si apprende, ma si consolidano i contenuti appresi, si verificano, entrano a far parte non di elementi accessori della persona, ma della sua stessa identità;
- contestualizzato, perché il sapere significativo ricade nel presente, entra in relazione con la realtà, nutre l’esperienza, e la stessa memorizzazione non avviene in modo de-contestualizzato (tutti si ricordano dove erano e in quale attività erano occupati quando è accaduto un fatto molto significativo – per esempio, l’11 settembre;
- riflessivo, perché dovrebbe avvenire in modo sempre più trasparente al soggetto stesso, in modo che possa compiere le scelte in relazione alle strategie e agli stili di apprendimento che rispondono alla sua personalità.
Mi sembra ci sia, a fronte di questo elenco, una parola sempre implicita: l’emozione. Non esiste vero sapere che non abbia sapore, che non generi insomma emozione. Apprendere significa infatti cambiare, e ogni cambiamento che avviene nella mappa della nostra identità implica un piccolo shock emozionale.
Se non ci si emoziona, quando si impara, forse non si sta veramente apprendendo.
Sarà banale, ma è così: il nemico numero dell’apprendimento è la noia. Dunque: persino nelle fatiche più ripetitive occorrerebbe inserire un aspetto rituale, una sensatezza che dia lievito umano alla pura, meccanica ripetitività, che a volte diventa necessaria, dopo l’apprendimento, per raggiungere una determinata padronanza, una naturalezza acquisita.
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