Difesa dell’ignoranza (e pubbliche scuse)
L’ignoranza è una brutta bestia, non c’è che dire. Ma in sé è comprensibile, tollerabile, a tratti persino amabile. Siamo tutti ignoranti, in moltissimi ambiti. Ma se l’ignoranza si sposa con l’arroganza e la prepotenza no, non c’è verso, è solo detestabile.
Questa però non è una considerazione moralistica o, peggio, un’accusa per qualcuno. Semmai va presa come un piccolo spunto di poetica personale. La annoto come fosse una specie di premessa a gran parte del mio lavoro. Di tanto in tanto, infatti, riprendo sul sito anche materiali precedenti che mi sembra abbiano una loro utilità e, rileggendomi, ci trovo spesso un inevitabile accento caratteriale, che si impasta nelle trame del ragionamento (quanto sia diventato ormai un tratto di stile, non saprei). Sono stato o, peggio, sono ancora una persona arrogante? Non lo so, può darsi che lo sia. Spero, qualora fossi risultato oggettivamente così, di esserlo stato in buona fede, sulla spinta cioè della passione e dell’ardore giovanile, più che per reale supponenza.
In ogni caso, mi va oggi di avanzare qui, esplicitamente, le mie pubbliche scuse. Verso chi? Eh, l’elenco sarebbe lungo e complicato da stendere (potrebbe cominciare dagli autori che, nei miei saggi, ho pesantemente criticato), perciò chiedo scusa a tutti quelli che ritengono di meritarsi questo gesto. Io spero che la vita mi dia la possibilità di esprimerle di persona almeno per i casi veramente importanti.
Preciso però un paio di cose, anzi tre.
Prima di tutto, per quanto cerchi di essere vigile, sono certo che anche in futuro incapperò in vecchi errori.
Poi, sia chiaro che non sto ritrattando alcun giudizio, sto lasciando soltanto decantare la mia arte e la mia vita, per quanto è in me.
Infine, non sto misconoscendo la mia ignoranza, che continuerà a essermi fedele compagna nel lungo cammino verso il miraggio della saggezza.
Chiudo l’esercizio con una poesia di Carlo Porta:
UN’ASNADA DI ASEN
Rivi de Barlassina appènna adess,
Dove sont staa dò nocc e tutt on dì;
E de asnitt d’ogni etaa, de tutt i sess,
N’hoo vist on milla, senza cuntamm mì.
Eppur, per vess tant asen, e per vess
El sò mes de incazziss e de sgarì,
Ch’eel, che no eel, scior mio, resti de gess,…
Vun che l’è vun, non l’hoo sentii a zittì!
Se nol fudess che soo coss’hinn i asen,
Besti goff, incapazz de riflession,
Che no sann perch raggen, perché tasen,
Podeva fors’anch ess, che ghe insegnass
A scernì fœura on contrattemp pù bon
De sospend i sœu vers per reposass.
P.S. Si prega di cliccare sull’immagine in evidenza per vederla per esteso.
Credo che le persone arroganti, poeti o no, non chiedano mai scusa e non si mettano mai in discussione. Detto ciò riporto una poesia sul tema “asini e poeti” o meglio, letterati che ho trovato in rete e mi risulta sia di libera lettura.Non è a livello del testo di Carlo Porta, ovviamente, ma è per testare l’ironia del poeta “padrone di casa” e per ricordare a tutti i letterati che non si può mai prendersi troppo sul serio…
L’ASINO E IL POETA
di Michael Santhers,
Verseggiando andava un poeta
stridulo lungo un viottolo
quando a ostacolar trasognante declamo
un vecchio spelacchiato asino
sul percorso a impolverarsi,
tra flautolenze starnutendo
-Farfugliando,s’adirò il cantore
..se tu sapessi la centesima parte
d’un sol sublime verso non saresti
inamovibile riferimento a deficienza
alchè l’animale calmo replicò
..oh! stupido fallito scribacchino
ti pare s’io avessi sapienza al vanto
starei qui casuale a spulciarmi
in simile toilette a disputar con te
inoltre anche il tuo genio è poca cosa
se per confermarti in lustro
hai bisogno di paragonarti a me
-Io come sempre passai per caso
e da quel giorno imparai a dare
in complimenti parsimoniosi
del somaro a qualche buon letterato
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Da:Destini E Presagi
http://www.santhers.com
Mai prendere troppo sul serio sé stessi – ma prendere sempre molto sul serio quello che si sta facendo.
E poi: un asino che raglia, è intonato. Ridicolo è l’uomo che ruggisce. A ciascuno il suo verso, insomma – anche e soprattutto in senso poetico.