Scuola: principi del cambiamento (10)
La scuola italiana vanta una ricca tradizione di metodologie didattiche. Tuttavia, tale affermazione andrebbe corretta, perché, con il procedere degli ordini scolastici, la rigidità aumenta. Per varie ragioni, la scuola primaria in Italia è stata sempre una fucina di sperimentazioni. Con gli anni, anche la scuola “media” si è attrezzata, per fronteggiare i mutamenti sociali più pressanti (pensiamo alla tecnologia, ma anche, semplicemente, alla diversificazione della popolazione). Al liceo, però, le singole discipline impongono una prassi conservativa, in nome della loro alta specificità.
Non mi pare nemmeno il caso di illustrare come anche ai gradi più alti di istruzione siano ormai necessari dei mutamenti di prospettiva. La consapevolezza teorica, almeno nelle ultime generazioni di insegnanti è cresciuta e i tempi per seguire i nuovi corsi della storia sono maturi. Già molto si va realizzando.
Nell’ottica di fornire principi generali, più che sostenere una metodologia precisa, mi preme mettere a fuoco un postulato condiviso. Ogni specifica realtà scolastica deve maturare in sé, attraverso la sperimentazione e l’attivazione di tutte le risorse di cui dispone, un proprio profilo qualificante. Il pericolo è quello di un eclettismo eccessivo, ma accogliere passivamente le “buone pratiche” ricavate dall’una o dall’altra esperienza, senza adattarle, è poco proficuo. Non esiste una ricetta pronta all’uso per la buona scuola.
A tutto ciò si aggiunga il rischio, poi, che ogni insegnante, se non viene inserito all’interno di un team (arricchito a sua volta), diventi uno sperimentatore isolato. C’è la seria possibilità, allora, che lo studente, passando da una sezione a un’altra, da una scuola a un’altra, da un ordine scolastico a un altro, rimanga continuamente spiazzato.
Suppongo che il panorama sia destinato, effettivamente, a farsi più composito nel futuro. Ogni scuola premerà sulla propria identità anche nell’ottica dell’orientamento. Quindi, per evitare la schizofrenia generale, ogni istituto dovrà, possibilmente in rete con altri, sciogliere l’apparente ossimoro del decimo principio per la rigenerazione della scuola: la definizione di un metodo duttile.
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