Narrativa d’oggidì: Alessandro D’Avenia

Laconico, profondo, puntuto, autoironico. Alessandro D’Avenia mira alla semplicità che è conquista, distillato di vita e di letteratura – e prova a darci una lezione partecipando al nostro “carotaggio grullo e geniale”

Perché scrivi?

Per parlare con Dio.

Qual è il tuo scarto rispetto alla narrativa odierna?

La semplicità.

Indicami un ingrediente a te caro per l’elaborazione del capolavoro di domani.

La percezione sensoriale del mistero.

Strappa un angolo dalla tua veste perché ci si possa fare un’idea del tessuto: autocìtati.

Scrivo per sapere come va a finire.

Come si forma un’opera nella tua officina?

La realtà si manifesta attraverso uno spiraglio. Da quello spiraglio esce un personaggio che mi costringe al dialogo. Dialoghiamo e io scrivo. Lui detta e io scrivo. Lui vede e io scrivo.

Qual è il tuo maggior cruccio, rispetto a quanto hai finora scritto?

Nessuno. È una ricerca, un fissare l’attenzione su qualcosa che non voglio guardare. L’unico cruccio è quando non ho il coraggio di farlo.

La critica più intelligente che hai ricevuto, diceva che…

Bella la copertina.

(L’immagine del post viene dal sito dell’autore)

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