La sedia vuota

Cari genitori, caro Matteo e cari familiari tutti di Filippo,

di fronte alla morte e al dolore non esistono parole che abbiano senso. Ogni pensiero che tenta di prendere forma precipita nella propria impotenza. La massima vicinanza in queste circostanze si esprime con il silenzio e con la preghiera, ed è esattamente qui che noi tutti ci siamo idealmente radunati per starvi vicino. Ciò che, oltre alla preghiera, si osa dire risulterà inevitabilmente banale e retorico.
Ma se noi stessi stiamo comunque provando a esprimere, confusi e storditi, la nostra solidarietà con una manciata di pensieri frammentari, è perché è altrettanto vero che il grumo di parole che si reprime in gola spezza il fiato, e vorrebbe riemergere sotto forma di gesto: un abbraccio di condivisione, ma anche un minimo atto di ribellione rispetto al dolore che ci impone il silenzio.
Secondo la mentalità comune, le persone che hanno fede in queste circostanze trovano facilmente idee di conforto e di consolazione. Il legame con i cari, che ci vengono improvvisamente sottratti, non si perde, ma si trasforma. Questo pensiero comunque è insidioso e fondamentalmente ipocrita. Forse è vero il contrario: chi non crede può rassegnarsi di fronte al destino, sapendo che agli esseri umani spetta una parte infima, all’interno di un universo che non ha senso ed è soltanto figlio della casualità. All’opposto, chi ha fede non può rassegnarsi, e non può rinunciare a urlare il suo “Perché?”. Ogni morte prematura è uno scandalo, un fatto assurdo che scagliamo verso quella croce nella pretesa di trovare una risposta – quella risposta che l’ateo non pretende, non cerca.
La croce della sofferenza e della morte, la culla del Natale ormai prossimo: l’ordine della vita improvvisamente sembra essersi rovesciato, la gioia è stata divorata dalla sofferenza. Ma è da questo scandalo, da questo trauma, sul limite dove si fermano i rassegnati, che devono muovere i loro passi gli offesi, i turbati di qualsiasi fede.
Non osiamo pensare di essere al vostro fianco. Non osiamo pensare di potervi sostenere, con qualche parola, nel vostro cammino di ricerca di una risposta. Ma sappiate che vi stiamo seguendo, con il silenzio e con la preghiera, in questo cammino di ricerca. E osiamo sperare che più avanti di tutti, all’avanguardia, ci sia Filippo: è lui adesso, con il suo sorriso e la sua eterna gioventù, che ci spronerà per sempre a compiere un passo ulteriore, anche quando ci sembrerà impossibile, per attraversare la sofferenza e l’assurdo, fino a trovare una risposta luminosa che dia un senso a ogni culla e a ogni vita umana.
La sedia in più che troveranno in aula i compagni di Filippo sarà per loro un monito. A loro e a noi tutti è stata consegnata una sfida: trasformare quella sedia, che adesso ci sembra una croce, in una culla.
Filippo, nostro inaspettato e improvviso capitano, aiutaci tu a vedere bene, a capire che quella sedia non è affatto vuota. Sostieni i tuoi cari, i tuoi compagni e amici, e tutti noi genitori. Fa’ che non desistiamo nella ricerca, impediscici di piegare il capo alla rassegnazione.

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