Pietra

Splendere ai margini. Un’antologia di narratori

A settembre è uscita l’antologia Splendere ai margini. Narrazioni emergenti, che ho curato per l’editore Oligo. Qual è il significato di questa impresa? Direi che questo libro è un sasso, un mazzo di fiori, una mappa.

E’ un sasso perché, lanciato nello stagno della letteratura contemporanea, si spera possa smuovere un po’ le acque, suscitare qualche riflessione e magari qualche dibattito, magari sulla marginalità generale della letteratura nel nostro mondo e sulla difficoltà, all’interno dell’editoria, di promuovere testi di effettivo valore letterario. E’ un mazzo di fiori perché presenta tredici bei racconti, diversi per stili, impostazione letteraria, età degli autori. Ed è quindi anche una mappa perché propone una visione d’insieme e l’intuizione di qualche sentiero da percorrere, permettendo al lettore di scoprire alcuni voci, di testarle e di decidere se approfondirne la conoscenza.

Gli autori inclusi sono: Isabella Bignozzi, Davide Bregola, Davide Brullo, Marta Cai, Gabriele Dadati, Valentina Di Cesare, Riccardo Ielmini, Danilo Laccetti, Enrico Macioci, Matteo Marchesini, Michele Orti Manara, Andreea Simionel, Andrea Zandomeneghi. Da qui partirò per ulteriori analisi di libri, finché ne avrò energie e occasioni, per scandagliare la narrativa contemporanea.

Qualche altra considerazione liminare, si spera utile. Anzitutto, non si tratta dell’espressione di un gruppo, di una poetica, di una linea editoriale. L’antologia nasce dal gesto di un lettore (il sottoscritto), che peraltro viene anzitutto dalla poesia, e che quindi, da una condivisione interna, cerca di mettere in relazioni voci che ritiene significative, per vedere quale costellazione potranno disegnare, a loro stesso vantaggio ma soprattutto a vantaggio di ciò che sta intorno. Se scatteranno amicizie, sintonie o ulteriori spinte per differenziarsi sarà una conseguenza di questo appello, non una premessa.

L’elenco comprende 9 uomini e 4 donne, ma il rapporto poteva essere invertito. I numeri sono frutto anche di casualità. Oggi, lo sappiamo, il curatore di un’antologia sente la spinta a rappresentare, se possibile con partizioni bilanciate, autori di ogni genere. Ora, a prescindere dal fatto che il concetto di genere non è più binario, il sottoscritto pone decisamente in secondo piano questi calcoli legati al “politicamente corretto”, non perché non ci si ponga il problema o non si sia consapevoli delle pressioni dell’epoca, ma perché questi principi, anche qualora meritassero un approfondimento, risultano comunque secondari rispetto alla semplice valutazione letteraria. Chiarito ciò, per mera curiosità, non è male sapere che diverse donne interpellate si sono defilate, con differenti motivi: tre o quattro hanno spiegato che erano troppo impegnate in altri progetto e/o che, senza compenso, non avrebbero partecipato; due avevano aderito, ma poi non hanno più risposto ai messaggi (non assillanti) ricevuti man mano che si approssimava la scadenza, e quindi sono state naturalmente depennate, anche se ciascuna avrà avuto le proprie buone ragioni personali; una ha raccontato che non si sentiva in grado di scrivere su richiesta, perché i processi creativi che segue non sono governabili, né dal punto di vista del progetto né della tempistica.

Di fronte alle antologie, il primo giochino che si fa è quello di elencare gli esclusi. Invito chiunque a trasformare il giochino in un ragionamento, tanto sul valore degli inclusi quanto su quello degli esclusi. Come spiegato, questa raccolta di “narrazioni emergenti” vuole sì additare autori meritevoli, ma non certo proporre un canone esclusivo. Io per primo, dunque, accoglierò tutte le segnalazioni, per ricondurle se possibile a un discorso generale oppure, semplicemente, per aggiornarmi su ciò che mi è sfuggito.

Il margine del titolo, infine, non va pensato come a una periferia, quasi a delimitare scrittori appartati, magari per ragioni stilistiche (spesso l’immagine è buona per scritture di ricerca, ad esempio). Il margine attraversa qualsiasi posizionamento letterario, è la condizione a cui è esposta la quasi totalità dei tantissimi scrittori di oggi (sono esclusi i pochi veramente di successo), e si trasforma in una zona di approssimazione al rischio e al senso implicito nella loro scrittura, a prescindere dagli orientamenti generali. Che poi effettivamente alcuni degli scrittori inclusi abbiano deciso di stare ai margini del mondo editoriale di oggi è una precisa scelta che può avere a che fare con il senso, appunto, che attribuiscono alla loro esperienza della scrittura e del mondo. Ma il titolo, nient’affatto vittimistico, ci ricorda che si può stare ai margini e non essere affatto marginali. Spesso, è proprio nelle zone di confine, sui bordi degli abissi, che si scovano i fiori più belli.

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