Scribacchini, scrittori, autori. E Fabio Greco
Ma che bello che bello che bello quando fra tanti scribacchini, che nulla sanno d’arte e stanno appiccicati al loro io, o tanti scrittori mestieranti, che molto sanno d’arte e curano la maschera del narcisismo producendo magari ottimi prodotti e persino di successo talvolta, s’incontra invece un autore, e quindi ci si immerge nella potenza schiumante (o scabra ed essenziale, la logica non cambia) di una lingua, e ci si perde in una narrazione che ha ritmo, visione, canto.
Perché di questo si ha da parlare, in definitiva, se si deve parlare dell’esordio narrativo di Fabio Greco, Il nome dell’isola, caleidoscopio di storie che si rifrangono e s’intrecciano e fibrillano in mille dettagli cangianti, in scaglie luminose che colpiscono con la forza del mito. Basta quel punto di fuga lì, uno straccetto di terra rocciosa fra le onde che definirlo isola è troppo, perché la voce cominci a rollare, fino a trapassare il tempospazio (sissignori, date a un autore un minimo punto d’appoggio e vi solleverà il mondo), per creare una drammaturgia in cui le cose e le parole danzano a braccetto, si reinventano, non certo per mero confuso e concupiscente sperimentalismo, ma per vera festa, per la celebrazione del senso che trascende i piatti significati.
Per questo nella prosa di un autore c’è sempre davvero tanta poesia (proprio quella che manca allo scrittore, mentre allo scribacchino, giusto per completare il chiasmo, compete il poeticume), e non c’è bisogno del regesto delle strategie testuali (ma almeno imparate l’arte della ripetizione sapiente, non ossessiva, eppure già ammiccante all’epica) per dare conto dell’assunto. Mettetevi dunque alla prova e leggetelo, anzi cantatelo, questo bel libro, che è teatro di voce, e voce d’autore.
Se vi risulterà ostico, se non saprà trascinarvi tutto d’un fiato fino a chiudere il cerchio e lasciarvi lì, muti, di fronte al punto di fuga, compresi nella visione, aperti dunque a una nuova storia (ovvero rilanciati nel mondo vero, ma che è più mondo di prima per la vertigine che ancora vi scuote), l’esercizio sarà risultato comunque buono per mostrarvi i vostri limiti. E allora accontentatevi di scribacchini e scrittori, che ce n’è tanti.
Sissignori.
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