La statua di Attila Jozsef

Attila József

Figlio di un operaio (che abbandonerà presto la famiglia, lui di appena tre anni, terzogenito) e di una lavandaia (che morirà nel 1919 piegata dalla fatica), Attila József conoscerà gli stenti della povertà, gli slanci delle utopie e le frustate della delusione (alcuni suoi versi vengono tacciati di vilipendio alla religione, altri saranno ritenuti offensivi per la patria; ma presto verrà espulso anche dal partito comunista clandestino). È una sorta di poeta decadente (ma non rassegnato) che vive le tensioni di un’epoca straziata: conoscerà Vienna e Parigi con le loro lusinghe avanguardiste, sognerà un futuro radioso, ma nemmeno l’amore lo riscatterà dalla sua classe sociale. Poeta politico (anche in tempi recenti la sua statua è divenuta simbolo della resistenza al regime) e lirico, si spezzerà di fronte a tutte queste prove e, schizofrenico, ad appena trentadue anni deciderà di farla finita, distendendosi sui binari di una ferrovia.

Ma voi, lettori, non siate così accondiscendenti con voi stessi al punto da attribuire ai suoi problemi il gesto estremo: leggete queste poesie giovanili, per verificare come lucidamente abbia previsto “il mare di sangue” da attraversare. Non è vissuto abbastanza per assistere alla realizzazione storica del dolore, frutto inevitabile della sua epoca. Ma, da poeta, egli, nella sua vicenda personale, lo aveva già pregustato – e divorato fino al duro torsolo di verità. Continua a leggere

Rifiutato

Fuori catalogo (4)

Tornando a loro, lasciarono automaticamente e in perfetta sintonia che gli sguardi planassero dalle fotografie sulle pareti alla scrivania. Elio si sentì quasi in dovere di giustificarsi di non avere nulla di interessante, davanti a sé, da esibire, tanto che invece di tergiversare, esibì la situazione. «Al momento non ho nulla di speciale tra le mani. Stavo anzi dando un’occhiata a qualche proposta di esordienti, a qualche suggerimento di alcuni nostri autori…» Max pensò che quello fosse l’attimo perfetto per dire: “Ah, sì? Che magnifica coincidenza! Io sarei venuto qui proprio per parlarti di un inedito che mi è capitato tra le mani e che mi ha, credimi, folgorato…”, ma tentennò come al solito ed Elio, con un perfetto anticipo da stopper d’altri tempi, gli porse la lettera che aveva poco prima adocchiato e tenuto a portata di mano, dicendogli perentorio: «Leggi.» Continua a leggere

catalogo

Fuori catalogo (3)

Elio Balestrieri non era in sé l’Editore vero e proprio, benché ne rappresentasse la visibile incarnazione. L’Eccelso, Max non l’aveva mai visto di persona, ne aveva soltanto sentito parlare con deferenza. Il dott. Balestrieri stava all’Eccelso come il Figlio sta al Padre. Continua a leggere

Abbandono, di Carola Balma, olio, 90x100 cm

Fuori catalogo (2)

(L’opera scelta come copertina è di Carola Balma.
Cliccare sull’immagine per la visualizzazione completa)

Tutti sperano di essere rimpianti dalle proprie ex fidanzate. Sognano di diventare famosi, o ricchi, o di incontrarla di nuovo, un giorno, e leggerle incontestabilmente negli occhi la frase: «Sì, lo confesso, ho proprio sbagliato a lasciarti: ti scongiuro, torna con me!» Così accade anche per gli scrittori abbandonati: dopo tante lettere, brillanti e sbarazzine al punto giusto, ma anche argute, senza ottenere tre righe tre di risposta, sognano, all’indomani del premio Nobel, di ricevere una disperata e patetica lettera del loro ex editore: «Lo ammetto, ho sbagliato tutto, ti supplico, torna con me!», al quale rispondere: «Non fare così, non ti abbattere in questo modo, d’altronde te l’avevo detto che non dovevi lasciarmi, però non ti preoccupare, vedremo, chissà, magari per qualche libro di prose estravaganti, qualche operetta minore, potrei farci un pensierino…», esattamente come, in un romanzo d’altri tempi, ci si avvicinerebbe a una donna in lacrime, porgendole magari un fazzolettino candido, sostenendole una mano e sussurrandole: «Su, non faccia così, in fondo non è una tragedia.» Ma il romanticismo dei nostri banali sospiri si scontra con una realtà in cui non hanno più cittadinanza le svenevoli fanciulle dell’Ottocento, sostituito da forti amazzoni dalla risata disinibita e feroce. E l’uomo può sopportare tutto, ma non una donna che ride, felice senza di lui. Continua a leggere

Belen Rodriguez

Fuori catalogo (1)

Questo capitoletto che ho sacrificato, a suo tempo, durante la revisione del mio romanzo, mi pare abbia una certa autonomia. Come racconto ve lo offro comunque a dosi omeopatiche, in più puntate

Immaginate di essere stati, da ragazzi, il primo fidanzatino, che ne so, della Belen, quando il suo corpo cominciava appena a turbare la magrezza infantile con qualche curva sospetta. Tutti gli adolescenti, del resto, durante quella che gli psicologi definiscono “l’età negata” e i genitori, concordemente, “l’età della stupidera”, commettono delle sciocchezze (e sia chiaro che, nel nostro ragionamento per assurdo, a commettere l’errore sarebbe stata lei). Immaginate poi che lei sia diventata lei e voi siate rimasti voi. Non vi rimarrebbe, per dirla con un grande poeta, che vivere per dire eternamente addio. Così stava accadendo in effetti a Max, anche se soltanto la vicenda di Davide gli stava lasciando lentamente prendere consapevolezza di ciò. Continua a leggere

Wags

Stanare Ielmini

Su Pangea accade di veder pascolare insieme poeti di epoche diverse, a braccetto, come fossero amici. È stato recentemente avvistato, per esempio, persino Riccardo Ielmini – il poeta più schivo di tutti – che bello beato chiacchierava con Iosif Brodskij.

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Bene la vita disse

Racconto

 

Divenne grande un’estate il ragazzo

prendendo sulle spalle il padre, dopo

l’acqua del ‘51.

 

Poi venne inverno Continua a leggere

Stanze occidentali

Stanze occidentali

 

1.

Senza musica, l’osso della pagina.

E dietro due pupille micidiali.

Anni senz’anima, anonimo il luogo.

Sera di giovinezza, qui ora e sempre. Continua a leggere

Festa del perdono

Festa del perdono

Ospedale del vento

 

Nelle città

a volte viene un vento

a nascondere il volto nelle giacche,

sale dalle caviglie

con un tiepido sbuffo d’ospedale,

piega la testa alla gente che passa Continua a leggere

La scena

La scena

 

Al primo lampo sono andati via

rapidi come a un cenno convenuto,

lo hanno lasciato solo nella piazza

ad affrontare il tuono. Sopra i tetti Continua a leggere