I sostenitori del nulla, di Michele Cara, 2015, pennarello pantone su tela 40x40 cm

Sulla poesia filosofica

(L’opera scelta come copertina è di Michele Cara.
Cliccare sull’immagine per la visualizzazione completa)

Spero mi cresca il nichilismo
nelle unghie.
Dopo avermi uncinato
dentro, spero
esca a foglietti.
A spicchi,
che lo possa di nascosto
tagliare,
togliere.

Giovanni Tuzet

Ci sono argomenti immediatamente poetici? Spesso, parlando di poesia, si aggiungono etichette come per definire sottogeneri in base ai “contenuti” prevalenti: poesia d’amore, poesia comica, poesia civile…

Noi moderni sappiamo che di tutto si può fare poesia, perché attribuiamo l’essenza del gesto creativo allo sguardo, all’inclinazione del soggetto, più che alla proprietà della materia. I classici avrebbero diverse cose da obiettarci, ne siamo certi. E la disputa sarebbe veramente interessante.

La poesia di Tuzet (nato a Ferrara nel 1972), tratta da quell’ampio serbatoio di scritture di giovani (non giovanili, per carità…) che è la già citata antologia Parco Poesia, può stimolare anche simili questioni. Infatti, attraverso questi versi Tuzet affronta un tema filosofico basilare, il nichilismo. Non si tratta, attenzione, di riconoscere qualche spunto filosofico: qualsiasi poesia, allora, cadrebbe sotto un’indagine non solo filosofica, ma anche psicologica, antropologica ecc. Si tratta esattamente dell’opposto: è la poesia a diventare strumento per svolgere un argomento di per sé attinente a una branca specifica dello scibile. È un’operazione consentita? Esiste (o è bene che esista) una poesia filosofica, se non addirittura una poesia giuridica, una poesia, che so, storica? Non so se sia necessario che un poeta si ponga un tale obiettivo, di sicuro non mi sentirei di dire che è un’operazione scorretta. Tutto dipenderà dal risultato, come sempre in questi casi.

Ma è interessante intuire la scommessa implicita in un simile progetto: la scrittura creativa è, in qualche modo, utile, forse proprio attraverso la paradossale inutilità cui tutti la relegano. L’indagine poetica, grazie al suo essere gratuita e attraverso gli strumenti che gli sono propri, può illuminare zone altrimenti inesplorabili o, comunque, può contribuire a mettere in luce aspetti ancora trascurati. Può dare un contributo a ogni tipo di sapere.

Magari, può anche con eleganza e semplicità, come nel caso del testo in esame, costringerci a un rapporto fisico, non mentalizzato, con il nichilismo, per risolvere il nulla attraverso lo scontro con la presenza: con il corpo, anzitutto, che è sempre il luogo in cui ogni pensiero, anche estremo, deve mettere radice, se vuole veramente acquisire senso.

Non mi pare un contributo irrilevante.

 

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