Reborn… “rEvolution” in progress, di Enrico Ferrarini

La tradizione del futuro

(L’opera scelta come copertina è di Enrico Ferrarini.
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Si ha un bell’affannarsi alla ricerca di padri, fra certi poeti. Ma così non si rende giustizia alla parte femminile, materna e tellurica, che muove la creazione poetica. I padri, si sa, sono sempre incerti e non basta mezza giornata di discussione sui propri testi per riconoscere un maestro, per quanto illuminanti possano essere le parole. Non basta nemmeno una pubblicazione: un padre ci deve tutto, e il nostro debito nei suoi confronti è incalcolabile, a tal punto da non esistere più, a tal punto da muoverci al superamento.
Questa distinzione, sia chiaro, non fa che aumentare invece il debito, umano e intellettuale, con le persone che ci hanno generosamente dedicato un po’ del loro tempo e della loro esperienza, per sbrogliarci dai nostri impacci giovanili. E questo debito sì che pesa, tanto che i poeti meno liberi di spirito e di mente se la trascineranno in una patetica piaggeria, mentre per i restanti diventerà il pegno di rendere ad altri lo stesso gesto di attenzione, creando un circuito di disponibilità all’ascolto che è una forma di solidarietà intellettuale determinante per la costituzione di una società civile e di una tradizione attiva, aperta, culturalmente, all’esperienza cangiante del mondo.
Dunque, non si vuole rinnegare quell’atto di amore del passato, quel movimento critico e intellettivo che rappresenta il seme (paterno) della poesia, ma si vuole qui ricordare che questa consapevolezza e questo atto di volontà restano sterili se non affondano nel terreno oscuro e ingovernabile degli umori, delle passioni, delle poco ragionevoli spinte alla vita che rappresentano il grembo dell’avvenire. Insomma, abbiamo sempre parlato della tradizione come del fondamento di qualsiasi gesto creativo e persino come fonte di ogni slancio sperimentale, proprio perché siamo certi che le radici della tradizione affondano nel futuro. Interroghiamo infatti i testi del passato perché ancora oggi ci parlano, e diamo una forma alle nostre capricciose linee generative all’interno della cultura proprio nel momento in cui siamo fedeli al loro impulso, e siamo cioè in grado di superarle, di rendere onore alla loro vitalità. C’è un’intelligenza cieca, una naturalezza tutta femminile, nella libertà con cui ogni generazione ricrea la tradizione. C’è una sapienza che non sarà mai del tutto ragionevole e razionalizzabile nell’atto di accogliere in noi il pronunciamento di qualche poeta.
Siamo certi, pertanto, che i poeti giovani siano chiamati anzitutto a conoscersi fra di loro, ad autodeterminarsi attraverso l’amicizia o il franco dissenso, anche perché nessun “padre” potrà mai garantire l’attenzione che invece ci viene da un coetaneo. E siamo certi che questa sia l’unica forma di rispetto integra che dobbiamo a coloro che ci hanno formato, con le loro parole e col loro esempio.

 

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