Libri in fiamme

Ultrapoetica

Dunque, siamo legione. Ma qualcosa accade, vivaddio. E questo è Celan, signori.
La poesia supera le nostre attese. Scardina le nostre proiezioni.
Per questo è giunto il momento della distruzione. È il momento di fare un bel falò di migliaia e migliaia di libri: è il fuoco della nostra epoca, scottiamoci la faccia! E danziamo. Perché si smantelli tutto, sì, ma con attrezzi nuziali, come diceva Char.

Dobbiamo disfarci di ogni attesa. Di ogni poetica. Di ogni generazione. Di ogni presunzione di potere. Tutte le etichette sono scadute: danziamo, questa è l’unica opera comune, il resto è paranoia.
La scuola è finita, si va a lezione direttamente dalla vita. Ovunque sia. Sulla strada, dentro un ufficio. In Africa, con la fame del mondo e la peste addosso, già dentro i figli. O in culo all’Occidente, satolli e stitici. Tanto siamo tutti dannati fin dal principio. L’inizio è irraggiungibile.
Nessuna poetica ci può difendere. Non esistono più nicchie di sperimentazione, oltre questa unica Sperimentazione. La sola risposta sensata alla complessità del nostro tempo è la semplicità di questa appercezione. Si dà. Essa accade. Banale banale. Talmente evidente da non prestarci attenzione.
Bisogna disfarci di tutte le poetiche e ricucirne insieme i brandelli, nel miraggio di un’ultrapoetica. Semplicissima, una volta appresa.
Bisogna alzare la posta. O si sbanca il tavolo, o si va a pisciare in compagnia da un’altra parte, con il nostro “esile mito” di poeti incompresi sulle spalle.
Un altro caso di ansia d’assoluto? All’opposto, qui l’io va a farsi friggere, come un calamaro. Questa forma di conoscenza sposa la totale ignoranza.
Clic, è come essersi risvegliati all’improvvisamente dall’altra parte di sé stessi. Al posto dei frammenti impazziti, l’intero. Invece di crogiolarsi sull’inconscio, dare aria a una sovra-coscienza.
Benvenuti in questo aldilà.

1 commento
  1. Massimiliano
    Massimiliano dice:

    A parte che ho già ordinato il libro di Celan – anche perché dopo l’ultima avventura attraverso lo scambio epistolare con la Bachmann, non posso evitarmi questa – copio e incollo uno stralcio del libro in questione, dal link che hai inserito nell’articolo, sono parole del poeta:

    “Questo spettrale e muto non-ancora, questo ancor più spettrale, più muto, non-più, e di-nuovo, e nel frattempo l’imprevedibile, già domani, già oggi… O mondo / Noi ti accusiamo!… Sento che il demone che ti funesta – che funesta anche me… La rete oscura…”

    Ecco! è esattamente in questa fede, in questo incantamento, l’empasse di cui parlavo!
    Affatto diversa dal Leopardi, per esempio, nel suo CANTICO DEL GALLO SILVESTRE, che è di circa un secolo e mezzo prima.

    Siamo nella certezza che prima è il nulla ( non-ancora) e dopo è il nulla ( non-più) e dunque, cosa ne consegue se non che “adesso”, “ora” siamo nulla? L’annientamento delle cose.
    E’ da questo che – in poesia- secondo me, si deve uscire.
    Grandissima parte della produzione di poesia che leggo è una variazione su questo tema ( il nichilismo).
    E grande parte della critica che leggo ( pochissima e per lo più per me incomprensibile, più dei testi poetici) non fa che girare attorno alla forma, ma non indica la configurazione di base, l’architettura profonda su cui i testi poggiano.

    ( Guido Mazzoni, ha già scritto quanto è possibile su questo, col suo ultimo lavoro ancora di più che col suo precedente. Possiamo essere in disaccordo sulla forma? E sia. E’ prosa, è poesia? chi se ne frega. Perdiamoci pure nella tassonomia letteraria, ma non su cosa esprime, che è a dir poco inconfutabile… nell’ottica nichilista . E dico Mazzoni perché “scrive in chiaro”, basta leggerlo ad alta voce, non servono competenze particolari o un orecchio sopraffino; poi a me piace molto e trovo che sia indiscutibilmente poesia e tra le più belle che ho letto da quando ne leggo ( tre anni). Ma è così blindato e assoluto! così privo di crepe e di dubbi che non so, è quasi comico. E allora mi chiedo: se è quasi comico, pur essendo così letale, cosa c’è che non va? Perché c’è qualcosa che non mi torna. Il poeta e il suo nichilismo: è come una coppia di amanti che non scopano più, che si odiano, che non si sopportano, ma sanno che fuori dalla porta non troverebbero nessuno, in quanto sono gli unici esemplari di mammiferi rimasti sul pianeta e allora stanno insieme per questo. So bene che ci sono poeti che scrivono di ben altro, ma a me interessa la poesia che affronta il senso di esserci. Di questo essere qui, in questa pianura senza riparo……………………………… e come si fa? )

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