Bello o brutto?
Qualche giorno fa, ho improvvidamente risposto a una domanda diretta e semplice di Salvatore Anfuso, che mi chiedeva come distinguere il bello dal brutto. Non sapevo che sarei stato coinvolto in un sondaggio, che vi invito a leggere per esteso.
La mia risposta al volo, comunque, è stata questa:
«Caro Salvatore,
le domande più semplici, come sai, sono le più sofisticate. Adesso, in una pausa di qualche minuto in una giornata interminabile di scuola (tra poco avrò le pagelle e i colloqui con le famiglie…), non aspettarti una risposta geniale. Occorrerebbe spiegare la bellezza come concetto storico, che evolve nel tempo [avevi visto la mia lezioncina?], in relazione anche ad altri concetti (il piacere dei sensi, il piacere intellettuale, il buono e il bene…). In definitiva, sono domande che toccano principi in qualche modo forse innati in noi, anche se poi complicati con la nostra evoluzione, specie intellettuale (gli specchi deformanti della coscienza…). Ma dire che si riconosce e basta è una non-risposta, anche molto pericolosa e autoritaria, che ci farebbe ripiombare nel soggettivismo (che per me nemmeno esiste, e comunque è un vicolo cieco).
Dunque, la mia risposta è: abbiamo tutti la sensazione di saperlo, ma siamo sempre condizionati dalla nostra cultura, quindi in definitiva non si può distinguere tra bello e brutto, per questo continuiamo a farlo. La risposta esiste solo in situazione. La risposta è la vita. Noi scegliamo continuamente il bello o il brutto (e il bene e il male, ecc.), sulla base della nostra determinazione contingente, anche se seguiamo stelle-principi così distanti e profondi in noi.
È come per l’arte. L’arte è quel fare che solo mentre si fa scopre i propri principi».
Ora il buon Salvatore cerca di tirare personalmente le somme, in un articolo intitolato Come distinguere il bello dal brutto?
Inserisce nel discorso, a complicare la faccenda, il concetto di utilità. Molto spesso, questo è vero, per risolvere un dettaglio occorre guardare l’insieme; per risolvere un problema occorre complicarlo. Ma anche il concetto di utilità, in tal senso, è ambivalente.
In definitiva, la bellezza è in qualche modo la protesta di un senso immanente. Magari ancora da capire, magari impuro, appena intuito, forse persino falsificabile dal corso della storia (ciò che è brutto è il bello rimasto a livello potenziale?), ma io sarei restìo a vincolarlo al concetto di utilità.
La bellezza è gratis, come la vita.
Ma sia chiaro che anche queste righe sono appunti presi al volo, da rimeditare, offerti appena al confronto (se, da qualche parte, si ha voglia di portarlo avanti).
(L’opera scelta come copertina è di maurinomangiapanino.
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Grazie per la citazione, Andrea.