Scuola: principi del cambiamento (3)
Uno dei capisaldi della nostra scuola sono i voti. E hai voglia di spiegare ad alunni e genitori che valutare non è misurare: i numeri non lasciano troppi margini di interpretazione. Se prendi 7 e ½ significa che quello è il tuo valore. Se il tuo compagno ha preso 9, vuol dire che è migliore di te.
Te lo imprimono nella testa i tuoi stessi genitori: “Hai preso solo 8? Ma se il tuo compagno…”. Del resto, i voti servono soprattutto a loro, per avere un riscontro immediato e univoco intorno alla bravura del loro figlio o figlia, ovvero una prova della loro bravura di genitori. Si può lavorare in classe per spiegare che qualsiasi voto “cattura” solo determinati parametri previsti in una prestazione, mentre le intelligenze di una persona e le sue risorse non sono mai definibili una volta per sempre, soprattutto nei giovani – ma si tratterà di una battaglia contro i mulini a vento.
Così di tanto in tanto si risveglia la questione e si ripropone di passare dai voti ai giudizi. Ma un’altra serie di problematiche si solleva.
Anche i richiami alle competenze dovrebbero favorire l’abbandono della logica solo contenutistica, che permette a taluni di ottenere un certo successo scolastico, salvo poi scoprire che il loro “valore” fuori dalla scuola andrà completamente ridiscusso.
Eppure, un altro punto fermo va annotato. Al di là delle strategie possibili, è certo che una scuola rigenerata dovrà necessariamente superare la logica del voto.
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