Cartelli stradali: quale direzione?

Altre divinazioni per la poesia di domani, di oggi, di ieri

Sto immaginando un testo composto da innesti plurimi, che si muove su piani intersecati. Un testo sghembo, sempre a rischio per l’equilibrio precario, dato dal combinarsi, al suo interno, di forze differenti. Una poesia che concili gli opposti senza essere contraddittoria: chiara e oscura, libera e chiusa. Continua a leggere

Metamorfosi, fotografia digitale di Wanda D'Onofrio, 30x40 cm

Il poeta non ha identità

E questo che c’entra con la scrittura? Uno: lavorare sullo stile per operare sul Sé.
Qui non ci sono ricette, si brancola nel buio. Già una poetica esiste solo a posteriori, figuriamoci un’ultrapoetica. Azzardiamo appena qualche ipotesi, vagheggiando con il silenzio annodato alla giugulare. Continua a leggere

Libri in fiamme

Ultrapoetica

Dunque, siamo legione. Ma qualcosa accade, vivaddio. E questo è Celan, signori.
La poesia supera le nostre attese. Scardina le nostre proiezioni.
Per questo è giunto il momento della distruzione. È il momento di fare un bel falò di migliaia e migliaia di libri: è il fuoco della nostra epoca, scottiamoci la faccia! E danziamo. Perché si smantelli tutto, sì, ma con attrezzi nuziali, come diceva Char. Continua a leggere

Humanitas, grafite su tavola (2014), 105 x 69 cm, di Massimo Ezio Domenico Costanzo

Fine della tradizione

Ho impegnato anni con l’intento di dragare i fondali invisibili e fangosi della letteratura contemporanea, cercando la faglia che congiungesse la fine con un nuovo cominciamento.

Ho anche steso una mappa, obbligandomi ai panni dello studioso. (Leggere solo per me valeva nulla: a che serve una poltrona sui fondali del presente?)

Ora penso sia istruttivo, per chiunque abbia il desiderio di pubblicare, guardarsi intorno, e constatare di essere uno fra molti, molti altri. Qualche critico ha parlato di “angoscia della quantità”, io mi sono espresso in termini di fine della tradizione stessa. Quando tutti sono bravini, poeti da “sette più” o “sette meno”, non si va da nessuna parte. La cultura reale affonda, mentre in superficie l’editoria o l’accademia salvano qualcuno pescandolo non si sa esattamente secondo quale criterio. Sì, la tradizione è finita, collassata su sé stessa per eccesso di quantità. Continua a leggere

Parlare ai fiori è il colmo dell'amore

Dal diario alla letteratura

Ma tutta questa bella favola ancora non basta: deve diventare storia.

Che cosa spinge un uomo a pubblicare i suoi versi? Altra domanda banale e inquietante. «Si scrive per uccidere», mi sono risposto poi, convinto che la risposta celasse se non una colpa, un atto di responsabilità, un gesto per nulla innocente. Continua a leggere

Un naufrago fra le parole

Come si arriva alla poesia?

Ciascuno, su questo tema, avrebbe la propria storia da raccontare.

Chi ha cominciato nell’adolescenza a buttar giù versi per mettere ordine al proprio subbuglio interiore, chi ha cominciato più tardi sulla spinta di letture intellettualmente mature, chi non ricorda nemmeno come sia successo. Continua a leggere

Dissipatio

Dissipatio

Non riesco a invidiare il successo degli altri. Ciò che invidio, semmai, è la capacità di tollerare la mercificazione della propria opera.

Per ogni dettaglio che squalifica anche solo un rigo di ciò che scrivo, provo una fitta di dolore. Anche solo una virgola sbagliata mi procura angoscia. (Non mi riferisco, ovviamente, al refuso, all’incidente di distrazione, all’errore – umanamente amabile.) Per ottenere il successo, invece, è necessario scendere a compromessi: adattarsi alle esigenze dell’editor, assecondare il pubblico, restare entro ritmi produttivi adeguati, e così via. Io, per me, continuerei a riscrivere la stessa opera. Continua a leggere

L'autore non è un testimone del tutto credibile

Il testimone infido

Le teorie letterarie che uno scrittore porta con sé sono un carico che lo condiziona fino a un certo punto. Quando scatta l’ispirazione, infatti, il sacco viene rovesciato avanti a sé e tutto torna in discussione. Per lo scrittore conta sempre e soltanto l’esperienza della scrittura.
Può darsi persino che, terminata l’opera, l’armamentario teorico risulti in parte fuorviante. Occorre dunque diffidare, almeno un poco, delle spiegazioni che un autore ci fornisce, quand’anche fossero in perfetta buona fede. Continua a leggere

Scrivere, come pregare

Abitudine e ispirazione

Scrivere tutti i giorni, o quasi. Forzare l’attesa con l’abitudine. Come abitare un rito.

Come pregare senza fede. Continua a leggere

Le insidie dell'equilibrio

Scomfort

Una volta mi affidavo all’arena dell’opera comune per proiettarmi in nuovi orizzonti. Ingozzavo suggerimenti, sprofondavo in ammirazioni, spartivo ambizioni, spiavo desideri, mi fendevano critiche, assorbivo silenzi, addomesticavo paure, accettavo sfide, sorbivo veleni, e a mia volta colpivo, cospiravo, ispiravo, difendevo, curavo, travisavo e amavo.

Quella era la mia esaltante scomfort zone.  Continua a leggere