Ho impegnato anni con l’intento di dragare i fondali invisibili e fangosi della letteratura contemporanea, cercando la faglia che congiungesse la fine con un nuovo cominciamento.
Ho anche steso una mappa, obbligandomi ai panni dello studioso. (Leggere solo per me valeva nulla: a che serve una poltrona sui fondali del presente?)
Ora penso sia istruttivo, per chiunque abbia il desiderio di pubblicare, guardarsi intorno, e constatare di essere uno fra molti, molti altri. Qualche critico ha parlato di “angoscia della quantità”, io mi sono espresso in termini di fine della tradizione stessa. Quando tutti sono bravini, poeti da “sette più” o “sette meno”, non si va da nessuna parte. La cultura reale affonda, mentre in superficie l’editoria o l’accademia salvano qualcuno pescandolo non si sa esattamente secondo quale criterio. Sì, la tradizione è finita, collassata su sé stessa per eccesso di quantità. Continua a leggere